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Il
poeta Camillo Eucherio de Quintiis
cantore di Inarime (o dei bagni di Pitecusa)
Fra
i tanti autori che hanno scritto di Ischia, delle sue vicende storiche,
delle sue acque termali, delle sue bellezze naturali, etc., va annoverato
in un posto di rilievo senz'altro il gesuita P. Camillo Eucherio Quinzi
(o de Quintiis), del quale nel 1726 comparve la prima edizione del poema
Inarime
seu de balneis Pithecusarum
(Inarime o i bagni di Pitecusa)
che
già lo pose tra gli umanisti più eletti del primo Settecento
europeo.
L'opera è scritta in versi esametri latini e ciò, se contribuì
a rendere gloria all'autore, nel secolo suo, come umanista e poeta,
sulla scia dei grandi autori classici e soprattutto di Lucrezio, Virgilio
e Ovidio, non ne ha mai assicurato una grande divulgazione, nel tempo
successivo, essendo anche mancata la pubblicazione di una opportuna
versione in lingua italiana. Un altro elemento che forse ha poco giovato
al lavoro del Quinzi, sì da non permetterne una più estesa
conoscenza e lettura, può essere individuato nella circostanza
che si è data maggiore o esclusiva importanza al fattore medico
e curativo, nel quale in fondo, pur a distanza di un lungo arco di anni,
nulla si presenta qui di nuovo rispetto a quanto aveva già scritto
e pubblicato nel 1588 Giulio Iasolino con la prima edizione del De Rimedii
naturali che sono nell'isola di Pithecusa hoggi detta Ischia. Equivoco
che lo stesso Quinzi pensava di aver ben chiarito e superato, quando
nelle Avvertenze al lettore precisa più volte che, pur sostenendo
le parti di filosofo e di medico, non dimentica quella di poeta (ut
Poetam non sim oblitus) e che gli interessa più ciò che
"idoneo alla mia causa, renda grazie alla poesia". Alla maniera
di Virgilio con le sue Georgiche, egli aveva soprattutto lo scopo di
dilettare piuttosto che di insegnare o dare appropriate norme mediche,
per cui l'attenzione è maggiormente rivolta a non trascurare
lo stile della poesia e a conservare, per quanto possibile, la grazia
della lingua latina.
Per quanto concerne le cure termali di Ischia, dichiara che segue pochi
ma celebri autori, e in primo luogo Giulio Iasolino, che d'altra parte
nel poema appare, sotto la denominazione di Podalirio, come colui che
lo introduce nei segreti delle sorgenti termali dell'isola e gli fa
conoscere l'origine e le virtù di ciascuna acqua e fonte.
Il
poeta
Camillo
Quinzi (o de Quintiis) nacque all'Aquila degli Abruzzi il 14 gennaio
1675 da Giambattista marchese di Preturo e da Carlotta Arnolfini.
Adolescente (a 15 anni), venne a Napoli per gli studi ed entrò
nel Noviziato della Compagnia di Gesù, che aveva sede allora
sul colle Pizzofalcone tutelato dalla ninfa Egle, in un edificio che
oggi ospita il Collegio Militare (La Nunziatella). Ebbe maestro il P.
Francesco Eulalio Savastano S. J., poeta, botanico e teologo insigne
nel Collegio Massimo della Compagnia di Gesù; nel poema il poeta
lo supplica di accogliere la testimonianza dell'antico affetto. Pronunciò
i voti nel 1708 nella chiesa dell'antico Aquilanum Collegium fondato
nel 1595 da S. Roberto Bellarmino. Insegnò filosofia e discipline
umanistiche all'Aquila e a Napoli, nel Collegio Massimo, dove fu prefetto
degli studi.
Colpito da un'opprimente malattia ai nervi delle mani, ottenne la guarigione
grazie alle acque termominerali d'Ischia e per riconoscenza volle cantare
l'isola e le sue sorgenti in un poema di oltre ottomila versi in lingua
latina, facendo uso della sua vena poetica. Alla ottenuta guarigione
si deve anche il secondo nome che assunse e cioè Eucherio ("bonus
manibus", agile nelle mani). Verso la fine del poema egli dice
che a spingerlo frequentemente e con insistenza a scrivere l'Inarime
fu il suo ex alunno napoletano Francesco Capuano, poeta cui il Quinzi
a sua volta suggerisce di celebrare Torquato Tasso. Inoltre si ha notizia
che la composizione avvenne dopo che nella battaglia di Temeswar (1716)
furono sconfitti per la prima volta i Turchi e dopo la caduta di Belgrado
(1717), occupata dalle armi austriache comandate da Eugenio di Savoia.
Occorsero - come riporta l'autore nel poema - otto anni di lavoro e
di veglie. Ma alla fine del 1721 l'opera forse era già pronta,
poiché in data 9 dicembre 1721 il Preposto Provinciale della
Compagnia di Gesù, Giovanni Battista Grimaldi, firma e concede
"che sia dato alle stampe, se così aggrada al suo autore"
il libro dal titolo Inarime o i bagni di Pitecusa lib. VI. Il poeta
era peraltro molto scrupoloso e sensibile alle critiche e tendeva quindi
ad evitare qualsiasi occasione che potesse provocargli rilievi poco
soddisfacenti, come egli stesso scrive nelle Avvertenze al lettore.
Dovette quindi procedere a revisionare più volte il suo lavoro.
Nel luglio 1723 Felice Mosca chiede la licenza di pubblicazione e tutto
l'iter si conclude il 22 agosto 1725. Il P. Giovanni Battista Botti
della Compagnia di Gesù, incaricato di prendere visione e di
relazionare sul testo, così scrive: "Non senza un sicuro
compiacimento ho più volte letto l'opera che si intitola Inarime
o i bagni di Pithecusa lib. VI di Camillo Eucherio de Quintiis della
Compagnia di Gesù. Penso che il nostro Eucherio abbia raggiunto
felicemente un duplice fine: di insegnare e di dilettare: molto utile
lo scopo didattico, notevoli e di diverso genere l'erudizione, la varietà
e l'abbondanza di argomenti; purezza della lingua latina, uno stile
ricercato, tutta la bellezza dell'arte poetica. In virtù di questi
pregi ritengo che si possa dare alle stampe; ciò anche perché
non è affatto intaccata l'autorità cesarea e regia".
Il Quinzi morì all'Aquila il 2 ottobre 1733 e le sue spoglie
mortali riposano nell'ipogeo della cappella detta della Madonna (oggi
S. Equizio Abate) della chiesa dell'antico Aquilanum Collegium dei Gesuiti.
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Rivista Letteraria
n. 1/1993
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