Rivista Letteraria
Quadrimestrale di critica letteraria e cultura varia - Edito e diretto da Giuseppe Amalfitano

Il poeta Camillo Eucherio de Quintiis
cantore di Inarime (o dei bagni di Pitecusa)

di Raffaele Castagna

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Fra i tanti autori che hanno scritto di Ischia, delle sue vicende storiche, delle sue acque termali, delle sue bellezze naturali, etc., va annoverato in un posto di rilievo senz'altro il gesuita P. Camillo Eucherio Quinzi (o de Quintiis), del quale nel 1726 comparve la prima edizione del poema

Inarime seu de balneis Pithecusarum
(Inarime o i bagni di Pitecusa)

che già lo pose tra gli umanisti più eletti del primo Settecento europeo.
L'opera è scritta in versi esametri latini e ciò, se contribuì a rendere gloria all'autore, nel secolo suo, come umanista e poeta, sulla scia dei grandi autori classici e soprattutto di Lucrezio, Virgilio e Ovidio, non ne ha mai assicurato una grande divulgazione, nel tempo successivo, essendo anche mancata la pubblicazione di una opportuna versione in lingua italiana. Un altro elemento che forse ha poco giovato al lavoro del Quinzi, sì da non permetterne una più estesa conoscenza e lettura, può essere individuato nella circostanza che si è data maggiore o esclusiva importanza al fattore medico e curativo, nel quale in fondo, pur a distanza di un lungo arco di anni, nulla si presenta qui di nuovo rispetto a quanto aveva già scritto e pubblicato nel 1588 Giulio Iasolino con la prima edizione del De Rimedii naturali che sono nell'isola di Pithecusa hoggi detta Ischia. Equivoco che lo stesso Quinzi pensava di aver ben chiarito e superato, quando nelle Avvertenze al lettore precisa più volte che, pur sostenendo le parti di filosofo e di medico, non dimentica quella di poeta (ut Poetam non sim oblitus) e che gli interessa più ciò che "idoneo alla mia causa, renda grazie alla poesia". Alla maniera di Virgilio con le sue Georgiche, egli aveva soprattutto lo scopo di dilettare piuttosto che di insegnare o dare appropriate norme mediche, per cui l'attenzione è maggiormente rivolta a non trascurare lo stile della poesia e a conservare, per quanto possibile, la grazia della lingua latina.
Per quanto concerne le cure termali di Ischia, dichiara che segue pochi ma celebri autori, e in primo luogo Giulio Iasolino, che d'altra parte nel poema appare, sotto la denominazione di Podalirio, come colui che lo introduce nei segreti delle sorgenti termali dell'isola e gli fa conoscere l'origine e le virtù di ciascuna acqua e fonte.

Il poeta

Camillo Quinzi (o de Quintiis) nacque all'Aquila degli Abruzzi il 14 gennaio 1675 da Giambattista marchese di Preturo e da Carlotta Arnolfini.
Adolescente (a 15 anni), venne a Napoli per gli studi ed entrò nel Noviziato della Compagnia di Gesù, che aveva sede allora sul colle Pizzofalcone tutelato dalla ninfa Egle, in un edificio che oggi ospita il Collegio Militare (La Nunziatella). Ebbe maestro il P. Francesco Eulalio Savastano S. J., poeta, botanico e teologo insigne nel Collegio Massimo della Compagnia di Gesù; nel poema il poeta lo supplica di accogliere la testimonianza dell'antico affetto. Pronunciò i voti nel 1708 nella chiesa dell'antico Aquilanum Collegium fondato nel 1595 da S. Roberto Bellarmino. Insegnò filosofia e discipline umanistiche all'Aquila e a Napoli, nel Collegio Massimo, dove fu prefetto degli studi.
Colpito da un'opprimente malattia ai nervi delle mani, ottenne la guarigione grazie alle acque termominerali d'Ischia e per riconoscenza volle cantare l'isola e le sue sorgenti in un poema di oltre ottomila versi in lingua latina, facendo uso della sua vena poetica. Alla ottenuta guarigione si deve anche il secondo nome che assunse e cioè Eucherio ("bonus manibus", agile nelle mani). Verso la fine del poema egli dice che a spingerlo frequentemente e con insistenza a scrivere l'Inarime fu il suo ex alunno napoletano Francesco Capuano, poeta cui il Quinzi a sua volta suggerisce di celebrare Torquato Tasso. Inoltre si ha notizia che la composizione avvenne dopo che nella battaglia di Temeswar (1716) furono sconfitti per la prima volta i Turchi e dopo la caduta di Belgrado (1717), occupata dalle armi austriache comandate da Eugenio di Savoia. Occorsero - come riporta l'autore nel poema - otto anni di lavoro e di veglie. Ma alla fine del 1721 l'opera forse era già pronta, poiché in data 9 dicembre 1721 il Preposto Provinciale della Compagnia di Gesù, Giovanni Battista Grimaldi, firma e concede "che sia dato alle stampe, se così aggrada al suo autore" il libro dal titolo Inarime o i bagni di Pitecusa lib. VI. Il poeta era peraltro molto scrupoloso e sensibile alle critiche e tendeva quindi ad evitare qualsiasi occasione che potesse provocargli rilievi poco soddisfacenti, come egli stesso scrive nelle Avvertenze al lettore. Dovette quindi procedere a revisionare più volte il suo lavoro. Nel luglio 1723 Felice Mosca chiede la licenza di pubblicazione e tutto l'iter si conclude il 22 agosto 1725. Il P. Giovanni Battista Botti della Compagnia di Gesù, incaricato di prendere visione e di relazionare sul testo, così scrive: "Non senza un sicuro compiacimento ho più volte letto l'opera che si intitola Inarime o i bagni di Pithecusa lib. VI di Camillo Eucherio de Quintiis della Compagnia di Gesù. Penso che il nostro Eucherio abbia raggiunto felicemente un duplice fine: di insegnare e di dilettare: molto utile lo scopo didattico, notevoli e di diverso genere l'erudizione, la varietà e l'abbondanza di argomenti; purezza della lingua latina, uno stile ricercato, tutta la bellezza dell'arte poetica. In virtù di questi pregi ritengo che si possa dare alle stampe; ciò anche perché non è affatto intaccata l'autorità cesarea e regia".
Il Quinzi morì all'Aquila il 2 ottobre 1733 e le sue spoglie mortali riposano nell'ipogeo della cappella detta della Madonna (oggi S. Equizio Abate) della chiesa dell'antico Aquilanum Collegium dei Gesuiti.

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Rivista Letteraria n. 1/1993

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