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Il
poeta Camillo Eucherio de Quintiis
cantore di Inarime (o dei bagni di Pitecusa)
Il
poema INARIME
Il
poema fu stampato nel 1726 a Napoli pei tipi di Felice Mosca con le
autorizzazioni delle competenti autorità, con successive edizioni
nel 1751 e 1763, come indica Paolo Buchner nella citata biografia di
G. Iasolino, con alcune lievi modifiche di testo. Sul frontespizio figura
lo stemma di Giovanni V, re del Portogallo, cui il poema è dedicato.
Esso si compone delle seguenti parti:
1) Una lettera dedicatoria in prosa a Giovanni V, scritta da Giambattista
Quinzi, nipote del poeta per parte paterna.
2) Un carme (versi 380) del poeta che è la dedica di Inarime
a Giovanni V, per esprimere gratitudine a lui e alla regina Marianna
d'Austria, sorella di Carlo V.
3) Avvertenze al lettore, in cui il poeta manifesta le difficoltà
incontrate e soprattutto chiede la benevolenza per qualche imperfezione.
Si deve tener conto che la materia specifica viene per la prima volta
trattata in versi.
4) Sei libri che costituiscono il poema vero e proprio per complessivi
8.162 versi, così suddivisi per argomenti, secondo quanto indica
lo stesso autore:
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Nel primo si tratta del sito dell'isola, dei nomi, dei colonizzatori,
del clima, della fertilità del suolo; inoltre dei bagni, delle
terme, delle stufe, delle arene medicamentose, per quanto riguarda il
numero, la denominazione e la posizione.
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Nel secondo si ricerca l'origine dei bagni naturali e artificiali. Quale
nazione prima fra tutte abbia scoperto queste delizie che ha poi rivolto
ad uso medico. E poiché si parla di quelli preparati artificialmente,
sono esposti i bagni di vario genere, come furono immaginati tanto dagli
antichi quanto dai moderni, e cioè di vino, di latte, di sangue,
di olio, di metalli. E, data l'occasione, sono poi descritte le terme
dei Romani. Infine sono indicati i bagni migliori del mondo: ai quali
tutti sono preferite le acque di Aenaria.
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Nel terzo sono studiate con rigore le cause delle quattro principali
qualità che si osservano nelle acque di Aenaria, cioè
calore, colore, odore, sapore. Per la cui conoscenza prima è
stato indicato il metodo.
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Nel quarto è esposta la virtù delle acque, delle terme
e delle arene di tutta l'isola nella cura dei morbi.
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Nel quinto è prescritto il modo di usare medicamenti di tal genere;
che cosa è meglio fare prima di usarli, quando ricorriamo ad
essi e dopo averne fatto uso, perché siano propizi alla medicina.
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Nel sesto sono dati come degli antidoti sia per prevenire gli accidenti
che sogliono accadere, per lo più, in rimedi di tal fatta, sia
per curarli, quando capitano. Infine si danno a coloro che, fatta la
cura, sono guariti, consigli sulle cose da fare per restare tranquilli
dopo la malattia.
Tutti
questi argomenti sono resi piacevoli alla lettura, perché intrecciati,
con stile poetico, di leggende e digressioni nate dalle circostanze,
per il piacere dei lettori.
"La
materia di Inarime, arditissima per sé, trovò nel Quinzi
il poeta nato, lo studioso addestrato alla finezza dell'espressione
classica. Perciò il dotto Gesuita ha dato una vera opera d'arte,
che lo distinse assai bene tra i migliori umanisti del primo Settecento
europeo. In Inarime il Quinzi seppe spargere profumi di leggiadra poesia
sulle cose più refrattarie. Vi si riscontrano episodi, descrizioni,
metamorfosi di ovidiana bellezza ed efficacia. Artistiche sono le descrizioni
dell'Aquila, di Baia e del suo golfo, di Pozzuoli, dei suoi ruderi,
delle sue ville, e dei suoi templi pagani, del caffè, del cioccolato,
del tè. Hanno un sapore ovidiano le metamorfosi dei bagni Gurgitello,
dell'Oro e dell'Argento, dell'Olmitello, di Nitroli, del Bagnitello,
di Citara".
"Il temperamento del nostro Eucherio fu, senza dubbio, di squisito
umanista. Riuscì in filosofia perché aveva ingegno vigoroso,
non per irresistibile inclinazione. Per questo motivo, il lungo insegnamento
filosofico non incise molto sul suo conto totale: produzione filosofica
strettamente detta non ne ha lasciato. Bisogna dire però che
la filosofia gli servì ad orientarlo verso gli studi fisici,
per i quali aveva attitudine non comune. Del resto, questa passione
per la fisica era tutta propria del secolo, come anche il cantarla in
poemetti più o meno pregevoli. Fu religioso di santa vita, di
forte ingegno e d'instancabile operosità, come dimostrano le
sue opere scritte e pubblicate, quelle che si proponeva di scrivere
e di pubblicare e, soprattutto, il suo capolavoro, e cioè il
poema Inarime".
Negli Atti degli Eruditi di Lipsia (1729) si legge, in riferimento al
poeta: "A recentioribus placitis alienissimus est, quia in tanta
Doctorum multitudine, quem maxime Auctorem sequatur, statuere apud animum
non potuerit, atque adeo se optime antiquorum vestigiis inhaesurum existimaverit"
(.. si dimostra del tutto alieno dalle più recenti teorie, poiché
in tanta moltitudine di poeti non volle scegliere quale seguire e perciò
ritenne di restare sulle orme degli antichi classici).
Inoltre: "Nihil omisit quod ad significationem affectus gratique
animi possit pertinere. Idque rectius se facturum credidit, si fontium
aquarumque virtutem, cuius ipse in se cepit experimentum, artisque salutaris
praecepta, carmine heroico, ipsius Lucretii exemplo, complecteretur:
cuius vestigia subinde pressit cum cura, interdum etiam, cum in alia
dilabitur, ad Virgilii gravitatem, non invita Minerva, adspiravit, atque
ubi imagines rerum experimendas, metamorphosesque incipit, non raro
Ovidii facilitatem et nativum flumen assecutus est" (Nulla tralasciò
al fine di dare testimonianza della sua affettuosa gratitudine. E ciò
ritenne che avrebbe fatto, se fosse riuscito a celebrare in un carme
eroico le virtù delle fonti e delle acque, da cui aveva personalmente
tratto vantaggio per la sua salute, sull'esempio dello stesso Lucrezio;
e di questo poi seguì con cura le orme, e talora nelle digressioni
si avvicinò anche alla gravità di Virgilio, coi favori
di Minerva, e quando volle esprimere le immagini delle cose e le metamorfosi,
non di rado raggiunse la facilità e la nativa fluidità
di Ovidio).
Un tributo di lodi si trova anche in Giambattista Vico, allorché
scrive: ".. onde s'intenda quanto taluno, nonché degli stili
poetici latini, sia affatto ignorante di essa lingua medesima, il quale
ragguaglia coloro che non hanno veduto l'opera, che il padre Quinzi
della Compagnia di Gesù abbia scritto i suoi nobilissimi libri
De' bagni alla maniera di Lucrezio, quando ed esso chiarissimo autore
apertamente professa d'averli lavorati sull'esempio della Georgica di
Virgilio, ove tratta poeticamente di essa arte villereccia, e l'opera
stessa ad ogni scolaretto c'ha nella scuola di grammatica Virgilio spiegato,
manifestamente il dimostra".
Il Napoli-Signorelli loda il poema per il diletto che reca con "l'aver
superato gli ostacoli dell'argomento senza oltraggio della poetica bellezza"
e ne indica i luoghi a questo fine più caratteristici.
L'opera è corredata da otto incisioni di Andrea Mailar su disegni
di Antonio Baldi raffiguranti allegorie delle acque.
Vi si trovano menzionate figure illustri della Compagnia di Gesù:
Sant'Ignazio di Loyola, S. Stanislao Kostka, S. Francesco Saverio, S.
Luigi Gonzaga, S. Francesco Borgia, S. Francesco Regis. Il Buonocore
si chiede come mai non si faccia cenno anche di nomi come quelli "di
S. Germano, di S. Camillo de Lellis, di S. Giovan Giuseppe della Croce,
i quali insigni uomini, nelle acque di Fornello e Fontana trovarono
ristoro a tanti malanni: il primo si liberò di acuti reumatismi,
il secondo dai fastidi che gli venivano da una scoriazione alla gamba,
il terzo da minaccia di idropisia: questi passò di vita di apoplessia
a ottant'anni. Due confratelli del poeta nell'isola nostra ebbero larga
risonanza: il primo, Nicola Bobadilla, compagno di S. Ignazio, si condusse
in Ischia per mettere bene in certe discordie; il secondo, S. Francesco
De Gironimo, recò conforto d'anima in Casamicciola col caldo
della parola".
Un po' pomposamente il Buonocore conclude: "Molti hanno scritto
di Ischia in tutte le lingue; Eucherio Quinzi lascia dietro tutti; Inarime
di Eucherio sta a Ischia come l'Eneide di Virgilio sta a Roma".
Anche il P. Gamboni scrive: "Da quando Camillo Eucherio Quinzi
ha dato alla letteratura latina Inarime, importante per l'argomento,
classico per la forma, ricco per la lingua, armonioso per la struttura
del verso eroico latino, vasto per le proporzioni, Ischia, la gemma
del Golfo di Napoli, preziosa e deliziosa, vanta un poema scritto nella
lingua di Cicerone e di Virgilio quale solo Roma Imperiale con l'Eneide
può vantare".
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Rivista Letteraria n. 1/1993
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